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QUEL BIVIO TRA LA DEPRESSIONE E LA VITA

  • Immagine del redattore: Claudio Foti
    Claudio Foti
  • 19 giu
  • Tempo di lettura: 3 min

 

QUEL BIVIO TRA LA DEPRESSIONE E LA VITA  

 

74 anni. Grazie per tutti gli auguri che ho ricevuto. 74: un numero che pesa in negativo ma anche in positivo. Tante esperienze che oggi mi riempiono di soddisfazione.

 

Ma anche i segni della vecchiaia. Disgrazie. Malattie. Operazioni chirurgiche.  La pesante difficoltà che incontro a recuperare il mio ruolo culturale che la condanna mediatica mi ha procurato e continua a procurarmi, al di là delle plurime assoluzioni giudiziarie piene e definitive.

 

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Ci sono sempre nella vita, anche quando si è giovani, aspetti che possono far pendere la nostra mente verso una tristezza che può diventare palude, che può scivolare verso la depressione.   A maggior ragione con il passare degli anni.

 

Sappiamo per certo che la tristezza è una reazione in qualche modo inevitabile ad eventi che pongono in essere una perdita: perdita di relazioni affettive, perdita di condizioni di vita favorevoli, perdita di lavoro, di occasioni, di giovinezza. La tristezza è una reazione “umana, troppo umana” che va accettata  e, se si riesce, lasciata andare e fatta scorrere, elaborata. Non si può vivere senza attraversare fasi in cui la tristezza in modo più o meno rilevante compare.

 

La depressione è uno stato mentale che può derivare da un ristagnare della tristezza. Sia la tristezza, sia la depressione devono essere oggetto di una comprensione e non di un attacco ostile. Colpevolizzare negli altri e in se stessi sia la tristezza, sia la reazione di amplificazione depressiva che ne può derivare è la cosa più stupida e controproducente che possiamo fare.

 

 Tuttavia ho avuto modo di sviluppare dentro di me attraverso un sofferto o percorso di crescita mentale, attraverso la disciplina mentale della mindfulness e della mindsight   la capacità e la possibilità di affrontare quel bivio, quel momento di scelta nel quale possiamo orientarci verso l’autoaggressione e l’autocolpevolizzazione, di cui ci sono tutti, proprio tutti  i presupposti, oppure, possiamo dirigerci mentalmente verso l’accettazione della realtà, verso la solidarietà e la benevolenza verso noi stessi.

 

E’ un problema che sempre mi sono posto: è possibile imparare a scegliere di non sprofondare nella tristezza e nella depressione? Oggi attraverso l’esperienza e non solo attraverso le concettualizzazioni posso rispondere di sì. Non è ovviamente una buona ragione – ribadiamolo - per colpevolizzare stupidamente noi stessi o gli  altri se non riusciamo a raggiungere questo risultato. Dobbiamo piuttosto aiutare e sostenere - con pazienza e con empatia -  noi stessi o gli altri se non ci riusciamo ancora.

 

Ma dobbiamo averlo ben chiaro. Noi  possiamo imparare ad osservare  attraverso sofferti percorsi di crescita mentale quel bivio, possiamo riuscire a cogliere attraverso la meditazione analitica sulla nostra mente quel momento in cui compare la tentazione di inzuppare il pane nella tristezza ma nel contempo compare la capacità di resistere a quella tentazione orientando la mente verso un funzionamento più vitale e positivo di quello depressivo.

 

Mi sono sempre chiesto se la depressione o il suo accantonamento potessero essere il frutto di una scelta. Ora lo so con certezza. C’è  un momento in cui possiamo vedere che esistono tutte le premesse mentali per sprofondare in una visione depressiva di noi stessi, del mondo e del nostro futuro, ma esistono anche le condizioni mentali per spostare l’attenzione sulle nostre risorse e sulla possibilità che si para davanti di godere la vita e le nostre risorse,  che rimangono al di là dei nostri limiti e dell’avversità. Questo ho imparato e i 74 anni mi sono stati utili per raggiungere l’obiettivo. E questo che ho cercato e cerco d’insegnare nel corso delle psicoterapie e dei gruppi alle persone che mi chiedono di essere aiutate.   

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