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Prefazione al libro di Girolamo Andrea Coffari, Rompere il silenzio. Le bugie sui bambini che gli adulti si raccontano.

Immagine del redattore: Claudio FotiClaudio Foti

Claudio Foti

Laurana editore, Milano, 2018.

 

Psicologia forense dalla parte del bambino

Claudio Foti, Daniela Viggiano (a cura di)

S.I.E edizioni, Pinerolo, 2012.

 

    Il libro di Andrea Coffari contiene lo studio italiano più approfondito degli ultimi anni sulla pedofilia, sulle sue radici e sulla cultura che la legittima.  Nella mia Prefazione approfondisco la convergenza tra una corrente della psicologia forense che definisco “negazionista” e la letteratura apologetica della pedofilia: per es. un autorevole esperto nel campo della psicologia forense è arrivato a mettere in discussione l’affermazione in base a cui il coinvolgimento sessuale di un bambino da parte di un adulto sia sempre e comunque dannoso per il minore,  finendo così per colludere con alcune tesi della letteratura pedofila.

 

    Affermo che la psicologia forense italiana sia stata pesantemente influenzata da correnti di pensiero che hanno sostenuto contro i diritti dei bambini e delle donne l’esistenza di diagnosi non validate scientificamente (quali la Sindrome di alienazione genitoriale, PAS) o di procedure metodologiche discutibili (la Carta di Noto), spacciate come espressione dell’intera comunità scientifica, quando in realtà  ne rappresentano solo una parte.

 

    La corrente dominante della psicologia forense italiana si è sviluppata a partire dalla preoccupazione condivisibile di evitare falsi positivi nelle valutazioni sui casi di abuso, ma ha finito per specializzarsi nella difesa legale, sempre e comunque, degli indagati e degli imputati di reati sessuali, sviluppando un’avversione contro le madri coinvolte nei procedimenti giudiziari, spesso accusate arbitrariamente di essere alienanti e malevole e subordinando il diritto dei bambini alla cura, ai tempi dello svolgimento del  procedimento penale.

 

    I testi presentati in “Psicologia forense dalla parte del bambino” offrono un’occasione di riflessione sul ruolo dello psicologo forense , che non dovrebbe mai dimenticare il rispetto per i bisogni emotivi del bambino. E’ evidente che il minore quando entra nel circuito giudiziario penale,  gioca fuori casa, entra in un ambiente ansiogeno e sconosciuto e necessita pertanto di un approccio benevolo ed empatico che venga incontro alle sue paure e alle sue insicurezze e soddisfi il suo bisogno di informazioni.

 

L’ascolto del bambino e la cura del bambino rimangono spesso i grandi assenti nelle aule giudiziarie. L’impianto normativo in Italia è molto avanzato e mira a garantire per molti aspetti i diritti dei minori.  Tuttavia l’interpretazione e la gestione adultocentrica di questo impianto rischiano di interferire con la comprensione dei bisogni della persona del bambino e la tutela della sua salute.

    Quando la sofferenza dei minori, dovuta ad ambienti familiari e relazionali segnati dal maltrattamento, dalla violenza o dal grave conflitto, incrocia il sistema giudiziario, le valutazioni psicologiche e giudiziarie che vengono formulate rischiano spesso di non tener conto del punto di vista del bambino e possono portare a decisioni che comportano per lui un danno o un’ulteriore vittimizzazione.

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